Ah
comunque massima empatia quando il tuo ospite alla radio ha raccontato
della stupefatta euforia provata nell'avere a portata di dita, per la
prima volta, il Potere liberante della Sacra Videoscrittura su schermo,
tramite un generoso PROMETEO moderno che veniva volgarmente chiamato
Commodore 64.
Mi
ha ricordato di quando, finita la giornata di scuola alle elementari,
mi incamminavo verso il negozio di barberia di mio padre sotto i portici
in via Libertá,
per aspettare che mia madre, finito il lavoro in mensa, mi venisse a
prendere. Ed è la, sotto i portici di via LIBERTÁ - toponomastica quanto
mai profetica - che persi la mia verginitá digitale, molti anni prima di perdere quella carnale.
Fine
anni 90. Mio padre, un entusiasta, uno dei primi artigiani a dotarsi di
computer, con sistema operativo gestionale a contrasto elevato IBM 4 colori nero-blu-giallo-verde, software ideato per contabilitá e amministrazione, piú monitor CRT convesso con filtro basculante anti luce blu. Una cosa che adesso bagnerebbe i sogni del fanatico di VAPORWARE medio.
Lo accendevi, e iniziava una
sinfonia di rumori post-pitagorici su varie frequenze: un overture di
BEEP-BLIP, quindi attaccava il motivo principale con il reparto dei
gravi HUMMMM insieme al sibilante BZZZ del monitor; il CH-K-TUN-FLOP del lettore di dischetti da 3 pollici e mezzo; lo STUNK sordo del disco rigido; brevi assoli di CHIP-ZOOOT-BRIP dal comparto circuiti ed ecco di nuovo il leitmotiv HUMMMBZZZ...
io avevo una sola richiesta. "Mi metti il programma per scrivere?"
e
il Programma-per-Scrivere era un'unica distesa monocromatica blu
elettrico, una prateria monomorfa incendiata di metano, dai confini
infiniti; unica interfaccia a macchiare quella distesa lisergica di
PIXEL allampanati, un cursore rettangolare bianco, lampeggiante, lattiginoso, in attesa nell'angolo in alto a sinistra dello schermo fiammeggiante, il quale, per un'operazione che per me era piú vicina alla magia che alla tecnologia, rilasciava lettere e numeri al mio comando.
cosí
i miei impulsi nervosi, varcate le sinapsi, istruivano muscoli tendini
sul da farsi, le mie falangi ubbidivano solerti e i giovani polpastrelli
andavano a impattarsi sulla plastica ingiallita della tastiera, il
terminale uomo-macchina, viatico druidico che captava e trasformava segnali elettrici in piccoli caratteri dai bordi
seghettati, albini come la loro quadrilatera matrice, che avanzava, avanzava, avanzava inesorabile.
il mio corpo analogico si prestava ad una sublimazione digitale, l'organico si rimetteva completamente al cibernetico e io, straniato da me, diventavo puro HARDWARE.
e mentre calde lari di fotoni mi spogliavano di ogni impuritá
mortale, ronzando un ronzio senza inerzia - cerimonia elettromagnetica
incrementale e solenne, lo squillo seghettato a pochi bit della
mini-altoparlante incastonata nella MOTHERBOARD sanciva la mia estatica
consacrazione al silicio - equivalente quasi-sinusoidale di un gong, in
un tempio dorato di bonzi cantilenanti che raggiungono il bodhi.
In quel momento iniziatico, in un antro malmostoso della mia incompiuta persona di 8 anni dai confini osmoticamente binari, un seme cyberpunk veniva piantato. Un seme che avrei fecondato negli anni di lá
da venire, che ora è un arbusto rizomatico col quale scambio linfa e
byte - il mio bastone da rabdomante con il quale cerco Dio, LA SORGENTE
DI OGNI DATO.
Qualche mese dopo, l'installazione di Windows 98, con la sua tediosa, ortodossa razionalitá, pose fine a quelle incursioni dionisiache nella livida circuitosfera, come il Cristianesimo pose fine a tutti i misticismi.
Scritto il Febbraio 2019